31 Agosto 2022
Il brand activism è prima di tutto questione di Buon Sensing – 2° parte

Ricordi? La settimana scorsa abbiamo parlato dell’irresistibile fascio teorico del “Brand activism”.


La settimana scorsa ci siamo lasciati con un nostro neologismo da contrapporre al concetto di Brand Activism: il Buon Sensing*


Ma cos’è esattamente il Buon Sensing?
Potremmo definirlo l’antesignano della Corporate Social Responsibility genitrice, a sua volta, del Brand Activism**


Il Buon Sensing è un movimento che dovrebbe nascere spontaneamente nella dirigenza di ogni impresa per garantire a ogni impresa il benessere e la prosperità.


Prima di approfondire questo argomento, ci teniamo a precisare un aspetto fondamentale dell’imprenditoria: il primo comandamento del Buon Sensing che dice che l’imprenditore e l’impresa NON sono la stessa cosa.


Ciò che accade all’imprenditore non deve (o non dovrebbe) minimamente tangere l’andamento dell’impresa; l’imprenditore potrebbe decidere di scomparire dall’oggi al domani senza che l’impresa subisca contraccolpi.


Non lo diciamo noi, almeno non solo, lo dice l’art. 2086 c.c. che per comodità riportiamo: «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».


Ancora oggi fatichiamo ad accettare quante floride società siano state fatte appassire per dissidi tra i soci. Nella nostra personalissima classifica di società rovinate dai rapporti personali dei soci, al primo posto troviamo i fratelli (ambosessi, sia chiaro) che hanno ricevuto la società in eredità.


Appena posti al vertice societario danno inizio a una vera e propria guerra personale.


Abbiamo ricevuto racconti e assistito a vere e proprie prese di posizioni che vincolavano la controparte e la impossibilitavo a muoversi (societariamente parlando), decretandone così il lento declino.


Ma non sono solo i fratelli a fregiarsi di traguardi così (poco) ambirti, conosciamo direttamente o per “racconti del settore” numerosi casi in cui il o gli imprenditori si identificano così tanto con la società da decidere di farle vivere le proprie esperienze personali.


Ricordate sempre che una professionista può aiutarvi (e non parliamo di psicologi – almeno, non qui) a prendere le giuste distanze dalla vostra società per garantirle una crescita sana e costante che vada ANCHE a vostro beneficio.


Perché voi non siete la vostra società.

 


*Neologismo creato da noi, per il quale chiediamo scusa a Kotler, l’Accademia della Crusca e l’intera lingua italiana.
**Questa ricostruzione è frutto di una nostra ricostruzione cronologica sugli approcci, man mano più virtuosi, proposti alle aziende mondiali per limitare il loro impatto su società ed ecologia.
***Trad. lett. “faccio tutto io”

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